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  L’identità di Aristide

 

Aristide, l’autore di questo blog, è lo pseudonimo di una conoscenza di lunga data del sindaco di Curno: una libera amicizia personale. Ha cominciato a firmarsi così, per la prima volta, in calce a un commento pubblicato sul blog (cioè sulla bacheca elettronica) di Bergamonews, il quotidiano in rete. L’argomento era – manco a dirlo – quel pasticciaccio brutto della cosiddetta moschea di via Manzù, Curno.

    Alle osservazioni, non propriamente benevole, formulate da Aristide sull’operato dell’ex vice sindaco seguì immediatamente, nello stesso blog, la replica accalorata di Pedretti: sia per puntualizzare la versione dei fatti, sia per dimostrare ai suoi la propria capacità dialettica. Ma la cosa non finì lì.

    Il confronto tra Aristide e Pedretti prosegue sul blog del circolo dell’Udc di Curno. A un certo punto, Pedretti lancia la sfida: «Aristide, tu puoi dire quello che vuoi, puoi anche scriverci un libro». Aristide lo prende in parola e scrive la Pedretteide, una trascrizione di quel dibattito, acconciamente impaginata. In qualche misura si può dire che il dibattito sul blog dell’Udc prosegue ancora, con questa differenza però: dopo la pubblicazione della Pedretteide, l’ex vice sindaco si è ritirato in buon ordine, lasciando ai suoi il compito, più che altro, di ringhiare. Sul blog intervengono anche altri cittadini di Curno, sia di campo progressista, sia agnostici. La Pedretteide è pubblicata dapprima nel blog dell’Udc, quindi, di lì a qualche giorno, in questo sito.

    Intanto a Curno qualcuno si domanda chi sia Aristide. Il titolare di questo impegnativo pseudonimo (impegnativo e certo eccessivo, considerato che Aristide era tenuto il più giusto dei Greci), interrogato sulla sua identità, si schermisce: afferma di non aver bisogno di visibilità, non essendo un uomo politico o di spettacolo, e non avendo l’ambizione di essere l’una o l’altra cosa. Senza visibilità si vive molto meglio – dice – e porta l’esempio di Diderot che ogni pomeriggio si reca, solo e anonimo, al Palais Royal, intrattenendosi liberamente coi propri pensieri (di politica, d’amore, d’arte o di filosofia). I quali pensieri, dice lui, sono le sue “donnine allegre”. Insomma, Aristide intende continuare ad essere Aristide, niente di più. C’è chi gli contesta questo diritto. Infine, sia tra i satelliti di Pedretti, sia anche tra i cosiddetti progressisti, qualcuno afferma senza mezzi termini di averlo smascherato: Aristide in realtà, non sarebbe altri che C.P., il titolare dello studio editoriale che cura il giornale 24035 Curno, bg.

    Aristide risponde che lui non è C.P., tanto più che – pienamente convinto dagli argomenti di Pirandello – ha rinunciato da un pezzo all’illusione di possedere un’identità propria. Ciascuno di noi è uno, nessuno, centomila. Se poi ci adattiamo a presentarci come un’unica persona (che in latino significa “maschera”), se cioè ci “conformiamo”, ebbene, è per timore della libertà, quella di esplorare il mondo sconosciuto, di là dalle colonne d’Ercole, o per paura di recare dispiacere agli altri. Aristide fa inoltre presente che l’uso dello pseudonimo è del tutto legale, innestato in una tradizione antica e nobilissima: tra gli esempi relativamente recenti, volendo trascurare la ricchissima tradizione dei pamphlet settecenteschi, si ricordano Palmiro Togliatti che si firmava Rodrigo di Castiglia e Montanelli che con lo pseudonimo di Catilina jr affermò categoricamente sul suo Giornale, nel 1993, che il parlamentare Leoluca Orlando era una nullità (Montanelli riprendeva un argomento affrontato precedentemente da Andreotti, che si era firmato Cicerone jr).

    Abbiamo domandato a C.P. che cosa pensi di questa voce, secondo cui lui sarebbe il doppio di Aristide, e viceversa. Per parte sua, C.P. nega di essere Aristide. Infatti, C.P. è colui che scrive sul giornale dell’Amministrazione di Curno, dove ben si guarderebbe dal manifestare le proprie opinioni politiche. Opinioni che non manifesta e non ha mai manifestato, in generale, in ambito lavorativo. Ben se ne guarda: infatti, se così facesse, con l’aria di conformismo che tira soprattutto negli ambienti culturali, si troverebbe ben presto ridotto alla fame. Meglio allora la “dissimulazione onesta”, quella predicata da Torquato Accetto, alla quale si attengono gli uomini d’onore, per schivare le sanzioni dei potenti sciocchi e intolleranti.

    Aristide, invece, è un libero battitore: dice apertamente quel che pensa, senza preoccuparsi di compiacere ai potenti e ai “benpensanti” (che quasi sempre, guarda caso, sono molto sensibili alle ragioni dei potenti). A dirla tutta, ha il gusto di provocarli, proprio sul terreno dove lorsignori pretenderebbero di essere intoccabili, quando si prendono troppo sul serio, o quando fanno la boccuccia scandalizzata e lanciano stizziti l’anatema.

    Aggiunge C.P. che, finché Aristide si comporta bene, per quel che lo riguarda, la gente può pensare quel che vuole.