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25 maggio 2011

Una perizia grafica fai-da-te? No, per favore non fatelo. Però ragioniamo

 

 

 

 

 

 

“I fatti separati dalle opinioni” era lo slogan con cui fu lanciato un noto settimanale che si piccava di essere un magazine anglosassone (nel formato, nella grafica ecc.: si veda la copertina, che è del 1967).

Ma i fatti possono essere separati dalle opinioni? Claro que no. Però facciamo finta di crederci. In questo articolo, infatti, intendiamo richiamare l’attenzione dei giornalisti anglorobicosassoni, rammentando loro alcuni fatti notevoli al riguardo dell’imponente borgo occidentale di Bergamo, amministrato autonomamente (si chiama Curno). Vogliamo procedere nel miglior modo possibile: perciò, facendo di necessità virtù, faremo le viste di essere anglosassoni anche noi. Riportiamo dunque i fatti separati dalle opinioni. Così sono tutti contenti o – quanto meno – sono contenti loro, gli “anglosassoni”. I fatti sono esposti non in ordine cronologico, ma logico.

 

 

 

A - FATTI

 

Primo fatto: vittoria della Lega nord a Ponte San Pietro

A Ponte San Pietro la poltrona di sindaco va al leghista Valerio Baraldi, a capo di una squadra che corre compatta sotto le insegne della Lega nord: senza apparentamenti con il Pdl, per intenderci. È un’operazione pilotata – così si dice – dal politico territoriale, nonché bi-consigliere, Roberto Pedretti. Nel corso della campagna elettorale sono state distribuite al popolo cinquemila lampadine a basso consumo. Per chi non lo sapesse, la distribuzione di gadget è un caratteristico modus operandi di Pedretti: si ricordano in proposito la distribuzione di crocifissi-gadget al Consiglio comunale di Curno, la distribuzione di bustine di zucchero in Val Seriana, la distribuzione di panettoni agli anziani di Curno.

 

 

Secondo fatto: minaccia di resa dei conti a Curno

Dopo l’affermazione leghista a Ponte San Pietro, confinante con Curno, nel bloghetto della Lega nord di Curno (si chiama Cüren, ed è di osservanza strettamente pedrettiana) leggiamo queste parole di commento «Reduzzi (civica di sinistra) battuta. Pdl e Udc demoliti. La Lega Nord da sola vince. Adesso lavoriamo per Curno. Gandolfi e i suoi tirapiedi hanno i giorni contati…».

 

 

Terzo fatto: primo tentativo di purga

Dopo le elezioni regionali (28-29 marzo 2010), appena due settimane dopo, il 14 aprile 2010, Roberto Pedretti – ormai biconsigliere: comunale a Curno e regionale a Milano – comunica «in qualità di Capogruppo consiliare della Lega Nord, che Angelo Fassi e Maria Donizetti non fanno più parte, a far data dalla presente, del Gruppo consiliare da me rappresentato». Il tentativo di purga è dovuto al fatto che Fassi e Donizetti avevano accettato, il novembre scorso, gl’incarichi in giunta che erano stati levati a Pedretti contestualmente al suo “defenestramento”, dovuto al noto tentativo d’ispezione alla c.d. moschea di Curno in modalità di provocazione (per ragguagli si veda altrove in questo sito, passim).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quarto fatto: rigetto della purga

Fassi e Donizetti ritengono l’ukaze di Pedretti illegittimo sul piano giuridico, oltre che un sopruso politico. Infatti, Pedretti prende l’iniziativa per ragioni di risentimento personale e decide l’estromissione senza aver convocato il gruppo. Dichiara la Donizetti (30 aprile 2010): «[Qualifico Pedretti] come il principale responsabile dell'impoverimento umano del gruppo di maggioranza e della locale sezione della Lega Nord. [Questo è un] sistema localistico, familistico e paesano, sono sinceramente dispiaciuta del fatto di vedere così calpestato il significato profondo del mio Movimento. Chiedo che venga dichiarato illegittimo il documento protocollato in data 14 aprile 2010 dal sig. Pedretti».

 

 

Quinto fatto: la diffida firmata “Il Segretario provinciale”

Perviene al Comune di Curno una diffida, datata 7 dicembre 2010 firmata “Il Segretario provinciale”: «Si diffida Angelo Fassi a identificarsi nel Movimento Lega Nord Lega Lombarda per l’Indipendenza della Padania, considerato che alla data odierna non risulta iscritto al Movimento stesso». La diffida è riprodotta qui sotto, nella sezione “Opinioni”.

 

 

Sesto fatto: nasce in Consiglio comunale a Curno un nuovo gruppo della Lega nord

Misteriosamente, dopo aver fatto il diavolo a quattro per scacciare Fassi e Donizetti dal Gruppo consiliare “Lega nord per l’indipendenza della Padania”, il 24 marzo 2011 Roberto Pedretti e Chiara Leidi annunciano di aver costituito il Gruppo consiliare “Lega Lombarda - Lega nord - Padania”. Dalla Segreteria provinciale della Lega nord non perviene (finora) alcuna comunicazione riguardo alla doppia rappresentanza: il gruppo consiliare d’origine, alla cui creazione contribuì lo stesso Pedretti, e il gruppo secessionista, e che è tale (cioè separatista) per volontà di Pedretti.

 

 

 

B - COMMENTI / OPINIONI

 

Primo commento / opinione: irrilevanza giuridica della diffida

Confrontando il sesto fatto con il quinto, si evince che Pedretti prende atto dell’infondatezza giuridica (anche politica, come vedremo) della sua pretesa di estromissione di Fassi e Donizetti dal Gruppo consiliare d’origine. In pratica, Pedretti si rimangia tutto: rinuncia all’egemonia assoluta sul Gruppo consiliare “Lega nord per l’indipendenza della Padania” e fonda un gruppo tutto suo.

Pedretti è come se ci dicesse: abbiamo scherzato, mettiamo una pietra sul passato, in particolare mettiamo una pietra su quella diffida. Non se ne parli più. Eh, no! Troppo facile! Noi, invece, intendiamo parlarne ancora. Se Pedretti ha sbagliato (politicamente, s’intende), deve pagare dazio.

     A parte il fatto – a proposito della diffida – che Fassi è invece iscritto (certo non alla sezione dove Pedretti gli aveva impedito d’iscriversi), il punto è un altro. È assurdo lo stesso fine della diffida: un partito non può metter becco negli affari istituzionali di un Comune. Desta inoltre qualche perplessità il fatto che Invernizzi, il segretario provinciale (Bergamo) della Lega nord, accodandosi alla volontà di potenza di Pedretti, arrivi a pretendere, con Pedretti, che un Comune violi i diritti dei membri di un Gruppo consiliare. Per quanto eterodiretto da Pedretti, può veramente Invernizzi aver pronunciato un anatema che è in palese contraddizione con le indicazioni dell’Associazione nazionale Comuni italiani e del Ministero dell’Interno (v. “Guida agli enti locali” n. 42/2010)?

 

 

Secondo commento / opinione: è in arrivo il secondo tentativo di purga?

Confrontando il primo fatto con il terzo, vediamo che il primo tentativo di purga è arrivato quindici giorni dopo che Pedretti ha intascato l’elezione al seggio di Consigliere regionale. Inoltre, il secondo tentativo di purga (dopo il rigetto della prima purga) è stato ufficialmente annunciato, nel bloghetto della sezione di Curno della Lega nord: si veda il secondo fatto, qui sopra. Ergo, per analogia, tutto fa pensare che sia in arrivo un nuovo assalto, purga alla mano: facendo i conti, a giorni, se non succede qualcosa che possa demoralizzare Pedretti, o Invernizzi, che si è sempre mostrato – almeno finora – più che disposto ad assecondare Pedretti, in tutto e per tutto.

 

 

Terzo commento / opinione: rilevanza politica della diffida

Adesso proviamo a mettere insieme due documenti, assolutamente non riservati, accessibili a tutti. Il primo è un fax inoltrato da Pedretti al blog dell’Udc, pubblicato in data 6 dicembre 2009. Il blog dell’Udc non c’è più (adesso c’è Curnonazione, ma è un’altra cosa), ma il fax è ancora in rete, qui. Il secondo è proprio quella diffida che dicevamo, pubblicata in un volantino distribuito alla popolazione di Curno agl’inizi di maggio: potete leggerlo facendo clic qui. Ecco i due documenti e le due firme a confronto:

 

 

Osservando le firme, non notiamo qualcosa di strano? Altro che! Le due firme sono manifestamente difformi. Escludendo l’ipotesi di un falso, che ci guardiamo bene dal porre sul tavolo, ci domandiamo quale possa essere la scaturigine di tale difformità. Sarà ben lecito domandarselo, spero. Non diversamente si comporta un impiegato di banca: se vede una firma difforme, si accerta che la nuova firma appartenga effettivamente alla persona che fino a poco prima firmava diversamente. Così fece con me un impiegato del Banco di Roma, filiale di corso Italia, Milano: ero giovanissimo, e i giovani – per naturale esuberanza, credo – sono portati a cambiare la firma. Ma l’impiegato mi fece depositare la nuova firma.

     Sempre a proposito di firme, ricordo un’intervista del giornalista Moncalvo al regista Pasquale Squitieri, il quale raccontava come fosse finito in carcere, perché in una certa parentesi della sua vita, quando lavorava in banca, si lasciò passare sotto il naso un assegno falso di ventimila lire (il fatto risale al 1968). Dopo un anno di carcere, fu graziato da Pertini. (Questo succedeva dopo che Squitieri aveva girato il film ‘Razza selvaggia’. Aveva chiesto il permesso di girare le scene nel reparto verniciatura della Fiat, il permesso fu accordato, ma Squitieri non aveva detto che quello era un film di denuncia della vita in fabbrica. Secondo Squitieri, tra la sua carcerazione e il film c’è un nesso, che gli sarebbe stato confermato personalmente da Agnelli, sui banchi del Senato, dove si sono ritrovati colleghi: «Lei è un uomo di mondo, o no?».)

     Dunque, vale il principio generale che le firme vanno controllate. Nessuno può offendersi, neanche Invernizzi, neanche Pedretti (che è più importante di Invernizzi), se qualcuno ti chiede una verifica, tanto più se la tua firma appare del tutto difforme dalle precedenti. Altrimenti io dovrei offendermi quando firmo un contratto. Dovrei dire: “Ma come, non vi fidate?”. La risposta è scontata: “Per carità, ci fidiamo, ma è uso firmare”. Nel caso di firme difformi, è uso controfirmare.

Oddio, anche sull’intestazione dei due documenti qui sopra riportati il proverbiale sor Pedante Pelnellovo (un personaggio del Corriere dei piccoli) avrebbe da ridire, anche le intestazioni sono difformi. Ma sa lei com’è con i computer oggigiorno, “le font” (orrore! così lorsignori chiamano i caratteri di stampa) oggi sono e domani non sono più, cioè sono diverse… E va bene, glissons!

     Il fatto è che quella diffida è stata inoltrata, oltre che a Fassi, al Comune di Curno. E che nel Comune di Curno il documento è protocollato e archiviato. Ora, io non so da un punto di vista giuridico come stiano le cose, se un Comune possa permettersi il lusso di conservare senza fiatare documenti protocollati, la cui autenticità possa essere revocata in dubbio. Il segretario comunale è egli stesso un giurista, ha funzioni giuridiche, se non sbaglio. Deciderà lui il da farsi.

     Ma, da un punto di vista politico, non c’è via di scampo. Qui non si scantona. Io non metto in dubbio l’autenticità della diffida, tuttavia quella firma difforme induce me, tapino e imperito grafico, a dubitare. Il dubbio va scacciato. È interesse di Invernizzi fugare ogni dubbio. Se Invernizzi non lo vuol fare per me, lo faccia per i militanti leghisti. Vuole lasciarli nel dubbio? Vuole che essi credano – a torto, s’intende – che quel documento non sia autentico? E che parimenti non siano autentici chissà quanti altri documenti? Qui, politicamente, crolla tutto. Tanto più che molte, e clamorose, sono state le purghe nella bergamasca, che possiamo immaginare transitate per l’ufficio d’Invernizzi. Eh sì, io al posto d’Invernizzi mi precipiterei davanti a un pubblico ufficiale (credo che il Segretario comunale di Curno faccia alla bisogna eccellentemente, tanto più che il Comune è parte in causa), depositerei la mia nuova firma, e la cosa finisce lì.

     Invernizzi non la prenda male, questa non è un’umiliazione. Se la sua firma è risultata difforme non è colpa sua, ma non può neanche lamentarsi di essere vittima di chissà quali trame, o disegno destabilizzante, o congiura. L’impiegato del Banco di Roma (oggi Banca di Roma) della filiale di corso Italia, Milano, quello che mi chiese di depositare nuovamente la firma in banca, aveva un aspetto (per me) insopportabile. Una faccia da schiaffi. O forse io non sopportavo gl’impiegati di banca: ero, all’epoca del fatto, giovane e alquanto libertario. Ma controfirmai: dura lex, sed lex.

     Ora, io non so se Invernizzi, che sicuramente riconoscerà quel documento come suo, abbia il diritto di sottrarsi alla verifica, tanto più che quella è una lettera di diffida, e che una copia di quella diffida è protocollata al Comune di Curno. Ancora una volta, mi dichiaro giuridicamente sprovveduto, cedo volentieri la parola agli esperti. Ma se Invernizzi si limita a dire “Sì, quel documento è mio”, e si sottrae alla verifica, certo non fa una bella figura. Invece lui va al Comune di Curno, deposita la sua nuova firma davanti al Segretario comunale, e se ne va. La cosa è indolore. Uscendo dall’ufficio del Segretario comunale potrebbe dire, come nella pubblicità dell’ago indolore Pic, stupito e radioso: “Già fatto?”.

 

Un errore da evitare

La tentazione di decidere noi se quella diffida sia autentica, o meno, è facile, ma è una prodezza dalla quale è meglio stare alla larga. È facile prendere cantonate, tanto più che non siamo periti grafici. Lasciamo che simili errori li faccia l’Espresso, il settimanale che il 20 gennaio 1980, al tempo del sequestro di Aldo Moro, distribuì ai lettori un disco in vinile flessibile, il cui titolo era “Fate voi la perizia fonica”. Orribile, inutile gadget, e di pessimo gusto.

     Nel disco erano registrate sia la voce del telefonista che aveva chiamato la signora Eleonora Moro, durante il sequestro del marito, sia la voce di Antonio “Toni” Negri, nonché quella del giornalista Giuseppe “Pino” Nicotri, sospettati dai magistrati di essere gli autori della telefonata. Si saprà poi che non erano stati né l’uno né l’altro, ma che il telefonista era Mario Moretti, quello stesso che materialmente uccise Moro (così lui affermò).

 

 

Dovendo scrivere questo articolo, sono andato a cercare in biblioteca quel disco. Non ero sicuro di trovarlo, invece mi è venuto fra le mani dopo pochi minuti. Ho posto il disco sul piatto del giradischi, con una moneta sopra, perché tendeva a scivolare: si sente ancora benissimo, ma sentire quel che si sente fa un po’ orrore. È un documento macabro. Il telefonista chiede un intervento immediato e chiarificatore di Zaccagnini, altrimenti – dice – l’esecuzione sarà immediata. Poi si sentono Negri e Nicotri.

     Fra l’altro Livio Zanetti, allora direttore dell’Espresso, fu indagato per rivelazione di documenti secretati (o qualcosa del genere). In ogni caso, per quel che riguarda i documenti sopra pubblicati, tengo a precisare, ancora una volta: a) che i documenti sopra riportati sono documenti di pubblico dominio (e, per fortuna, non sono macabri); b) che il significato della pubblicazione dei due documenti affiancati, con le relative firme, non è quello di promuovere un sondaggio d’opinione (abbiamo un’opinione bassissima dei sondaggi, anche dei sondaggisti, soprattutto quando fanno i guru), ma di costringere Invernizzi a tranquillizzare l’opinione pubblica. Come penso sia suo dovere fare.

     Infine, non ditemi che non dovrei pubblicare i due documenti. Sto facendo quel che i giornalisti anglorobicosassoni dovrebbero fare, per due buone ragioni. In primo luogo, perché un bravo giornalista le notizie se le va a cercare, e se Pedretti si è rimangiato tutto, a proposito dell’espulsione di Fassi e Donizetti, tanto da creare improvvisamente un gruppo consiliare tutto suo, dovrebbe pur venir voglia d’indagare. O no? Perché Pedretti improvvisamente rinuncia a usare quella diffida? Solo perché si è reso conto della labilità giuridica di quel documento? Già, però poteva usarlo politicamente. Perché ha rinunciato a farne un uso politico e, con la coda fra le gambe, si è accomodato a creare un gruppo secessionista? In secondo luogo, l’argomento è tanto più degno di approfondimento, in quanto la storia della dubbia autenticità di quella diffida (dubbia, perché le firme sono difformi, dubbia finché il dubbio non viene fugato) circolava da tempo. Bastava raccogliere le voci, come fanno i bravi segugi. Soprattutto se sono segugi di scuola anglosassone.