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4 settembre 2011

Scuola di giornalismo / 6

 

Giornalismo politicamente solerte

 

 

 

 

Le scuole di giornalismo su Testitrahus

 

Scuola di giornalismo / 1: La tecnica del tramezzino

Scuola di giornalismo / 2: Eloquenza della notizia negata

Scuola di giornalismo / 3: La bufala del forum di discussione “libera”

Scuola di giornalismo / 4: Il lettore manipolato

Scuola di giornalismo / 5: Il giornalismo di marketta

Scuola di giornalismo / 6: Giornalismo politicamente solerte

 

 

Questa nuova scuola di giornalismo tratta l’argomento della solerzia dimostrata dai giornalisti  – fortunatamente non da tutti – nei confronti di taluni uomini politici, potenti o rampanti. Davanti a un uomo politico potente o rampante alcuni giornalisti si dimenticano di essere al servizio del lettore (come amano dire, con un pizzico d’ipocrisia) e si mettono senza indugio alcuno al servizio del politico. La notizia solerte non va però confusa con la marketta, la quale ha come fondamento una transazione commerciale: la marketta ha un prezzo, commisurato all’impatto della notizia propinata come “informazione pura”, distillata con cura professionale da un giornalista che si suppone, fino a prova contraria, eticamente irreprensibile (si veda in proposito la Scuola di giornalismo / 5). Invece la notizia solerte non ha un prezzo, pur avendo – ovviamente – un valore, talora anche notevole (per esempio per le sorti di un uomo politico o quelle dei suoi avversari).

 

 

Perché si fa del giornalismo politicamente solerte?

 

La notizia politicamente solerte il più delle volte, dunque, non è monetizzabile. Un po’ come quando si dice: questo bracciale d’oro massiccio ha per me un grande valore, ma più che altro conta per me il valore affettivo, è un ricordo della mamma. A parte qualche escamotage, le cose stanno proprio così. Per esempio, quando era di moda l’impegno politico (lo diciamo senza ironia: ma che, volete mettere il buon antico engagement, quello à la Jean-Paul Sartre, con tutto questo biascicare di società civile, pretenzioso ma fondamentalmente piccolo borghese?), un giornalista impegnato metteva in buona luce i politici di sinistra. Quella non era marketta, era passione politica. Né si poteva dare torto al giornalista impegnato: allora i politici di sinistra non trafficavano con i palazzinari, ben altri politici mettevano le mani sulla città.

     Oggi d’impegno nobile se ne vede poco. Abbonda invece l’impegno ignobile, che niente ha che fare con l’engagement. E poi c’è la solerzia, questa sì, tanta, magari dissimulata sotto il panneggio del giornalismo anglosassone con le sue varianti regionali: per esempio, esiste il giornalismo anglorobicosassone. Già: il giornalismo anglosassone, spesso furbescamente invocato da Santoro (l’ossimòro è voluto: se è anglosassone, non è furbo), è l’ultimo grido in fatto di ipocrisia giornalistica.

     Ma qual è dunque la scaturigine della notizia politicamente solerte, se – a differenza della notizia-marketta – tale origine non è una transazione commerciale più o meno abilmente dissimulata (ed esentasse), o se non è l’impegno al quale si accennava, comunque oggi inesistente, da che Occhetto ha consegnato le chiavi della fortezza della sinistra a uno come Carlo de Benedetti, finanziere (se lui dice “imprenditore”, non fatevi ingannare), cittadino svizzero straricco e prima tessera del Pd (così dice lui)? La risposta è che molte possono essere le cause del giornalismo politicamente solerte. Si potrebbe farne un elenco, ma mi domando se sia il caso di farlo qui, senza uno straccio di spiegazione. Rischierei di essere inutilmente pletorico e, pur nella prolissità dell’elenco, correrei comunque il rischio di essere incompleto. Preferisco limitarmi a ragionare su due possibili cause di giornalismo politicamente solerte, a mio vedere non abbastanza conosciute e non abbastanza disprezzate.

 

 

Due cause di solerzia (due fra le tante)

 

1. Affinità rampanti elettive

 

Una buona ragione per essere solerti nei confronti di un uomo politico è che ci si riconosce in lui, caratterialmente ed esistenzialmente, indipendentemente dal sentire politico. Anzi, anche i giornalisti meno intelligenti hanno ormai capito che conviene marcare l’uomo politico che milita in altro schieramento rispetto a quello proprio, o del proprio politico “di riferimento” (rubo quest’espressione a Bruno Vespa che a suo tempo indicò in Forlani il suo uomo politico di riferimento): tanto noi siamo stupidi – così pensa il giornalista – saremo depistati in men che non si dica. Del resto, questa è una tecnica antica, ben collaudata – a livelli elevati, più che di giornalismo di provincia – ai tempi della prima Repubblica. Per esempio, il giornalista Pastore, figlio del ministro democristiano Pastore e dal padre messo in organico alla Rai, si buttò con i socialisti.

      In particolare, consideriamo l’esempio in cui il comune sentire, condiviso dal giornalista e dal politico, sia un irrefrenabile propensione per il rampantismo. Se c’è un uomo politico rampante, e il giornalista è parimenti rampante, e se i due frequentano lo stesso ambiente, nasce tra i due soggetti una corrente di simpatia. Non c’è bisogno di pensare a chissà quali patti scellerati. Il rampantismo è il loro collante, come i gluoni che nei protoni e nei neutroni tengono insieme i quark (i giornalisti enogastronomici apprezzeranno questa similitudine scientifica). Invece di vergognarsi del rampantismo, se ne fanno un vanto. “Io sono determinato!”: questo è il vessillo da loro spudoratamente sbandierato.

      Altro che cacar dubbi scientifici (Solum certum, nihil esse certi: “e che sarà mai?”, si domanderanno una voce i giornalisti rampanti e quelli enogastronomici), altro che il principio d’indeterminazione di Heisenberg e le sue implicazioni filosofiche, altro che l’elogio della fuga teorizzato dal sociobiologo Laborit e messo in scena dal regista Salvatores (si veda il film Mediterraneo). Ma chi è questa gente, diranno i summenzionati giornalisti, chi saranno mai Plinio il Vecchio, Heisenberg, Laborit e Salvatores? Chi credono di essere in confronto alla nostra Maria De Filippi, l’icona del rampantismo giovanile, nonché di quello senile, ma giovanilistico? Non ci ammonisce forse costei, come del resto non mancano di fare i “formatori” aziendali, che dobbiamo essere determinati, costi quel che costi, anche se dovessimo vendere la nostra madre a un nano, come dice Fabrizio de Andrè?

     Conclusione: se c’è un filosofo cacadubbi che mette in discussione l’aggressività dell’uomo politico rampante, nonché gli stessi fondamenti del rampantismo, il giornalista rampante spara a palle incatenate sul filosofo. Si comporta come la giornalista Carter nel film Diritto di cronaca (un capolavoro, interpretato da Paul Newman, per la regia di Sidney Pollack: ne abbiamo parlato in Scuola di giornalismo / 2). Nel film la giornalista sa di poter fare del male, scrivendo certe cose e riportando certe “notizie” che le vengono passate, o di poterlo non fare: decide di fare il male, per la carriera (ma se ne pentirà). Il giornalista rampante, anche lui, fa il male, se necessario, per fare un piacere all’uomo politico: ma lo fa per simpatia, in apparenza. In realtà lo fa per philautia, cioè per amore di se stesso, considerato che si proietta e si riconosce nell’uomo politico rampante.

 

 

 

Questo spezzone è tratto dal film Puerto Escondido, del regista Gabriele Salvatores, che in alcuni suoi film si è fatto bardo della fuga dal rampantismo. In questa scena del film, che è stato girato nel 1992, Abatantuono spara su Raffaella Carrà. Se Salvatores girasse adesso il film, al posto della Carrà ci sarebbe la De Filippi.

 

 

 

2. La sindrome della ragazza bruttina

 

Un’altra ragione per cui un giornalista decide di assumere un atteggiamento politicamente solerte nei confronti di un uomo politico è la sindrome della ragazza bruttina. Ancora una volta, commetterebbe un errore chi attribuisse la solerzia politica a idem sentire. Rendiamoci conto che nessuno più oggi fa caso, se questo o quello è comunista, o fascista. Oggi tendenzialmente tutti ragionano in termini di markette: tutto mi va bene, purché ne abbia il mio vantaggio, purché ci possa far sopra una marketta.

     Invece sempre attuale è la sindrome della ragazza bruttina, la quale cercherà di superare il suo svantaggio genetico accompagnandosi a una ragazza carina, il che aumenta le sue probabilità di acchiappare (non ha tutti i torti, soprattutto se saprà sviluppare qualche virtù laterale). La sindrome della ragazza bruttina sarebbe, per esempio, la ragione che spingeva Sabrina Misseri a frequentare Sarah Scazzi. Per acchiappare: infatti, acchiappava.

     Consideriamo dunque un giornalista che si ritenga giornalisticamente bruttino, a torto o a ragione. A differenza del giornalista rampante, il quale forse non è importante, ma è “gasato” e non nutre dubbi di sorta sulle sue possibilità di crescita “professionale” (oltre che importante, si sente anche anglosassone, o quanto meno anglorobicosassone), il giornalista bruttino è depresso. Se, oltre che bruttino, è anche stagionato, il suo morale è a pezzi. Non è rampante, non gli dànno da fare markette giornalistiche, non è proprio considerato. Deve allora fare qualcosa, deve farsi valere. Potrebbe mettere la prua addosso a qualcuno che sta antipatico all’uomo politico.

     Intanto, facendo del male a qualcuno, potrebbe sentirsi anche più importante. Anche se – rara avis – non riceve pacchi dono per le feste di fine d’anno, anche se non ha – a differenza dei giornalisti markettari – credito aperto presso ristoranti e grandi alberghi, anche se non gode nemmeno di buoni sconto per lifting vari e liposuzioni, anche se nessuno gli offre neanche uno straccio di consulenza aziendale, o conduzione di qualche fottutissimo “evento”, il giornalista bruttino potrebbe prendersi le sue brave soddisfazioni. Lui può far del male, dalle colonne del giornale. Quando fai del male, ti senti vivo. Sono cose che la gente sa, per istinto, lo sanno anche i giornalisti sfigati: tanto più che nessuno ti educa più alla virtù. La morale in Italia ormai, se così la possiamo chiamare, è un ibrido infame tra l’etica protestante del capitalismo e il familismo amorale.

     Ma non dimentichiamo, soprattutto, che facendo un favore all’uomo politico potente il giornalista bruttino potrebbe sperare di accompagnarsi a lui, dunque potrebbe acchiappare, finalmente. Del resto, si sa, i politici hanno sempre per le mani tanti affari, piccoli o grandi: il politico nei confronti del quale il giornalista bruttino si dimostrerà solerte potrebbe avere bisogno di qualcuno che gli scriva un profilo, una biografia, un volantino, un comunicato stampa o anche di uno che gli scriva i testi per un sito. Un sito personale, o anche – chissà – un sito istituzionale, e allora è grasso che cola.

 

Nota: ogni riferimento a fatti realmente accaduti o a persone esistenti è puramente casuale.

 

 

 

 

 

Primo esempio di giornalismo politicamente solerte

 

Questo primo esempio mi riguarda personalmente: è la notizia (grande notizia!) che rivela l’identità di Aristide e fa sapere che Pedretti ha denunciato Aristide (il quale in seguito però fu prosciolto, mentre Pedretti fu condannato a pagare le spese processuali: si veda in questo sito la sentenza). La notizia della denuncia, e tutto il resto, è stata pubblicata sul giornale internettiano Bergamo news. Non solo: mi son visto pubblicare, oltre che il nome e cognome, perfino l’indirizzo. Si veda http://www.bergamonews.it/politica/articolo.php?id=20423. A ogni buon conto, riporto la notizia qui sotto, nel caso l’originale dovesse scomparire dalla rete. La cosa che più mi ha offeso non è il male che ne ebbi, considerato che ricevetti a seguito di quella pubblicazione messaggi del tipo “Sappiamo dove abiti. Perché non ti butti dal ponte che è vicino a casa tua?”. Dico la verità, non ne ho sofferto più che tanto. Ma un altro, al posto mio? Mi sconcerta invece l’indifferenza: il giornalista è al corrente degl’inconvenienti, diciamo così, ai quali sono andato incontro, ma non si è mai sentito in dovere di chiedermi scusa. Anzi, pare che sia tutto normale, se un uomo libero, di sani principi e di specchiata onestà riceve un trattamento del genere. Il giornalista dirà che lui è “professionale” e ha la coscienza tranquilla: beato lui.

 

Curno - Sito Internet lancia strali contro l'ex vicesindaco e capogruppo leghista Roberto Pedretti. C'è una denuncia per diffamazione.
Scontro in Comune e sul web, c'è una denuncia
 
 

Non si placano le polemiche dalle parti del Comune di Curno, in seguito all’esclusione dalla Giunta dell’ex vicesindaco Roberto Pedretti (nella foto), figura di lungo corso della Lega Nord locale. Sul web è ora spuntato il sito www.testitrahus.it/ esplicitamente dedicato a Pedretti, tanto che il sottotitolo dell’home page è: “Sito di resistenza alla ventilata candidatura di R. Pedretti al Consiglio della Regione Lombardia”. E le ultime voci dicono che lo stesso ex vicesindaco avrebbe presentato un esposto per diffamazione, alla Procura della Repubblica, contro il responsabile di “Testitrahus”.
Il sito prende il nome da un particolare animale politico, così definito da Aristotele, ma, aggiunge chi cura la pagina web, a tale animale politico è dedicata La Pedretteide (apri il file), un’operetta rivolta all’ex vice sindaco che dal sito si può scaricare tranquillamente in formato pdf.
Una sorta di pamphlet tutto giocato all’interno del Comune di Curno, con un po’ di Gossip e vicende del paese, e frecciate continue a Pedretti. Tra quelle frecciate, verso la fine dell’operetta: “E Pedretti dovrebbe smettere di far la voce grossa, di latrare come un cane rabido o dar colpi di corna a testa bassa come un ariete “testitrahus”, anche se gode di quelle protezioni che si dicevano, che tanto timore e tremore sembrano incutere in molti (ma non a noi)”.
Pedretti avrebbe denunciato, secondo voci insistenti, quanto scritto su Testitrahus.it: il curatore del sito si presenta sul web come Aristide Curnense. Ma nel Comune dell’hinterland si è già scatenata la caccia ai titolari, o al titolare del sito. In realtà tramite www.nic.it (con la sezione Whois) si può risalire alla persona fisica, e reale, che ha aperto lo spazio in Internet. E l’amministratore del sito risulta essere Claudio Piga, di via Pietro Marocco 1, a Trezzo sull’Adda, mentre la società che ha aperto il sito è la Sig. Spa, che ha sede allo stesso indirizzo di Piga.
Il particolare è che Claudio Piga è il professionista incaricato dal sindaco Angelo Gandolfi di curare il giornale, o notiziario comunale. E dire che il sindaco Gandolfi e Roberto Pedretti avevano vinto insieme le elezioni.

Venerdi 15 Gennaio 2010

redazione@bergamonews.it

Facendo pubblicare questa “notizia” il politico territoriale Pedretti contava di mettere paura ad Aristide, ottenendo di fargli sentire quanto il suo potere fosse innervato nei gangli istituzionali e nel mondo dell’informazione. Contava sul fatto che Aristide corresse da lui chiedendogli la remissione della querela, che gli offrisse la sua capitolazione, compresa la chiusura di Testitrahus, come da esplicita richiesta nella querela del Pedretti. Al quale però le cose non sono andate per il verso giusto: Aristide è stato prosciolto, mentre il terribile politico territoriale, è stato condannato a pagare le spese processuali. Questo della denuncia (da parte del Pedretti) e del terrore per la denuncia (da parte di chi la subisce) è un gioco che il Pedretti ha fatto altre volte, soprattutto con soggetti economicamente deboli, facilmente terrorizzabili: si veda qui come ha umiliato un ragazzotto dell’oratorio che aveva osato “sfruculiarlo”. Facile per Pedretti fare questo gioco, per lui che è ricchissimo, soprattutto da quando è consigliere regionale (12.550 euro/mese, più annessi e connessi vari). Per lui pagare un avvocato non è un problema. Invece già pagare un avvocato può essere un problema per il suo avversario, anche se viene prosciolto. È la violenza del dio danaro.

 

 

Riassumendo:

a) Era proprio necessario pubblicare questa notizia? Veramente i cittadini non stavano nella pelle per l’ansia di conoscere il mio nome, il mio cognome e per soprammercato l’indirizzo?

b) Come dobbiamo considerare questo giornalismo? È giornalismo d’inchiesta? Secondo Pedretti, sì. Infatti egli scrive, in risposta a chi gli contestava la soffiata a Bergamo news, che non ha avuto remore a pubblicare tutto: «Per risalire al titolare di un dominio Internet non servono spifferate. Basta poco. Con una semplice ricerca, che chiunque può fare, si risale al titolare del dominio Internet. Per cui nessuno ha spifferato niente». Sarà, ma la notizia, la grande notizia del giornalismo d’inchiesta orobico, segue di pochi giorni la deposizione della denuncia di Pedretti. Il quale chiedeva, fra l’altro la chiusura di questo sito, che invece è vivo e vegeto. Con la denuncia sperava, presumibilmente, che mi presentassi da lui piagnucolando e che gli chiedessi la remissione della querela in cambio della chiusura del sito. Non ha funzionato: il sito è aperto e Io non ho paura (è il titolo di un film di Salvatores, oltre che del libro di Ammaniti, dal quale il film è tratto).

c) Insomma, sono troppo malizioso se dico che la pubblicazione di questa notizia fu un grande piacere reso a Pedretti, e potenzialmente un dispiacere per me? In realtà il mio dispiacere fu neutralizzato dalla mia calma filosofica (che peraltro non tutti posseggono, ed è proprio alla luce di questa considerazione che va giudicata la pubblicazione della notizia).

 

 

Secondo esempio di giornalismo politicamente solerte

 

Il secondo esempio si commenta da solo. Riporto qui sotto un volantino distribuito alla fine di agosto a Curno e leggibile anche in rete: si veda per esempio su Curno news la notizia Lega contro Lega che contiene il collegamento ipertestuale per la lettura del volantino, curato dal gruppo consiliare Lega nord per l’indipendenza della Padania. Sennonché nel Comune di Curno siedono due gruppi consiliari che fanno riferimento alla Lega nord: quello d’origine, che ha pubblicato il volantino, e quello più recente, fondato da Pedretti, che il volantino definisce “secessionista”. Il volantino fondamentalmente nega legittimità a Pedretti, in quanto secessionista, il quale a sua volta nega legittimità al gruppo d’origine, perché Fassi sarebbe stato espulso dalla Lega. L’espulsione in realtà non c’è, però c’è una diffida nei confronti di Fassi, firmata dal segretario provinciale della Lega nord. Ma quella diffida presenta una firma strana. Questo dovrebbe essere lo scheletro della notizia, tanto per intenderci.

     Ma che cosa fa l’Eco di Bergamo? Invece di sentire le due parti, intervistando sia i due membri del gruppo consiliare che hanno diffuso il volantino, sia il Pedretti e il consigliere provinciale della Lega nord, che finora non si era fatto vivo – a parte quella diffida, che solleva qualche perplessità – invece di domandare a Fassi come mai quella firma desti qualche perplessità, l’Eco di Bergamo non presenta il volantino, neanche in parte, neanche in riassunto, ma riporta la replica a muso duro di Pedretti e quella allineata (nei confronti di Pedretti) del segretario provinciale. L’intervista a Pedretti e Invernizzi (il segretario provinciale) è coronata da uno “Spillo”, cioè da un commento redazionale, non firmato, che mette sotto accusa l’Amministrazione della quale il gruppo consiliare leghista d’origine fa parte. Una cosa che non si era mai vista prima d’ora.

     Perché tanta partigianeria? Pedretti non potrebbe aver ottenuto dal giornale un servizio migliore. Ecco infatti che nel suo bloghetto appare tutta la paginata dedicatagli dall’Eco di Bergamo. Di suo il Pedretti ha messo soltanto il titolo. Vedi: La Lega nord è una sola… anche a Curno. Infatti il Pedretti si è trovato l’articolo bell’e fatto, con tanto di Spillo infitto nelle chiappe del sindaco.

 

Questo è il bloghetto della sezione di Curno del gruppo leghista di osservanza pedrettista. Come si vede, Pedretti non ha dovuto sforzarsi a scrivere alcunché. Si è limitato a riassumere nel titolo quel che è riuscito a far dire all'Eco di Bergamo, ottenendo di essere intervistato in esclusiva, senza che fossero sentiti Fassi e Donizetti.

 

 

 Ma è modo di fare giornalismo questo? Come lo vogliamo chiamare? Cronaca politica? Giornalismo d’inchiesta? Ma no, a noi pare, molto semplicemente (non abbiatevene a male, efemeridografi orobici) giornalismo politicamente solerte.

     Noi, che non siamo anglosassoni e che non pretendiamo di esserlo (pur conoscendo l’inglese, a differenza di chi si spaccia per anglista, ed essendo per intervalla insaniae, traduttori professionisti dall’inglese), noi che nutriamo un sincero disprezzo per i lenocini retorici (risale al tempo in cui studiavamo il Gorgia di Platone) e che detestiamo le astuzie levantine (come si dovrebbe capire leggendo in questo sito Il principio superiore e il Ricordo di Aristide), riteniamo utile pubblicare sia il volantino del gruppo consiliare d’origine della Lega nord, sia l’articolo dell’Eco di Bergamo: per leggerli è sufficiente fare clic sulle due figure qui sotto.

 

 

Riassumendo:

a) Era proprio necessario sentire soltanto la campana di Pedretti?

b) Era proprio necessario infiggere quello Spillo nelle chiappe del sindaco di Curno?

c) Considerato che Pedretti afferma che Fassi è espulso, e che Fassi lo nega, non sarebbe stato opportuno chiedere a Pedretti di vedere la lettera di espulsione, e chiedere a Fassi perché a suo parere, invece,  non sarebbe espulso? Un bravo giornalista avrebbe potuto apprendere dal Fassi, o anche ricorrendo alle risorse del suo talento di giornalista d’inchiesta, quel che recita l’articolo 7 del Regolamento della Lega nord per l’indipendenza della Padania. Noi ci siamo arrivati con due clic sulla tastiera del computer, né d’altra parte nutriamo dubbi sul fatto che un bravo segugio efemeridografo orobico possa fare meglio, e più celermente di noi. Purché lo voglia. Allora, perché non l’ha fatto? Comunque, ecco che cosa recita tale art. 7: «Ogni provvedimento sanzionatorio dovrà avere adeguata motivazione e sarà inviato con lettera raccomandata A.R., entro sette giorni dall’adozione, all’interessato il quale avrà quindici giorni di tempo dalla data di spedizione della comunicazione, per ricorrere all’organo competente». Ebbene, Fassi non ha ricevuto niente, questo è quello che lui  dice a tutti, ma che non ha potuto dire ad alcun giornalista dell’Eco di Bergamo. Non era una notizia questa? Se Fassi avesse mentito, ne avrebbe portato le conseguenze, ma questa era una notizia.

d) Considerato che il volantino presenta due firme di Invernizzi a confronto, una sicuramente autentica, mentre l’altra dà adito a perplessità, non sarebbe stato opportuno chiedere a Fassi come mai sembra così sicuro di sé quando punta il dito su tale difformità? Udite, udite la notizia che ormai tutti sanno, tutti quelli che dovrebbero saperla, ma che nessun giornalista orobico ha voluto sapere. Esiste una perizia grafica! La quale afferma che la seconda firma dà adito a dubbi sulla sua autenticità, dubbi di non piccolo momento, se confrontata con altre firme di Invernizzi. Naturalmente, si potrà dire che siamo nell’ambito delle probabilità. La stessa prova del Dna non è certa al 100%, se non altro perché quel Dna potrebbe essere di un congiunto, e non della persona sospettata. Però se la probabilità è elevata, vogliamo prenderla in considerazione, o no? Non vogliamo approfondire? Altro che spilli! La perizia grafica: questa era la notizia.

e) Dopo aver sentito la campana di Pedretti e avergli regalato un articolo che sposa il suo punto di vista e infigge spilli sul deretano del sindaco, non sarebbe il caso di fare un’intervista riparatrice a Fassi e Donizetti, magari anche al sindaco? Questo sarebbe giornalismo: non so se anglosassone, o anglorobicosassone, ma buon giornalismo, giornalismo che si sforza di essere imparziale, questo sì. (Il giornalismo del tutto imparziale non esiste, nessuno che sia sano di mente lo pretende. Ma c’è modo e modo).

 

 

 

 

Questo articolo riflette le opinioni di Aristide, che non è il portavoce del sindaco, contrariamente a quel che piace a qualcuno di credere (o far credere) e come è chiaramente indicato in questo sito nell’articolo Ufficio di staff e comunicazione. Com’è noto, la creazione dell’Ufficio di staff è stata una gherminella burocratica, l’ufficio stesso non ha mai funzionato, dovendo rispondere a fini che solo il segretario comunale allora incaricato conosceva. Ma quel segretario non c’è più. Del resto chi mi conosce (sia in qualità di Aristide, sia come persona fisica registrata all’anagrafe come C.P.) sa bene che cosa possa pensare uno come me delle «maggiore competenza e dimestichezza con le tematiche della collaborazione istituzionale» da fare acquisire a gruppi di lavoro reclutati con criteri burocratici, ovviamente. Mi mordo le labbra e non dico niente: però, se appena avete “sfogliato” le pagine di questo Testitrahus, non avrete difficoltà a immaginare che cosa io possa pensare di queste sozzure burocratiche.

     Conclusione: la mia amicizia per il sindaco è autentica, il fatto che sia suo portavoce è falso. Il sindaco è istituzionale, con buona pace di Pedretti e della c.d. sinistra, i quali pensano di essere “istituzionali” soltanto loro e se la tirano con questa benedetta istituzionalità, se la cantano e se la suonano a ogni piè sospinto. L’istituzionalità ha per loro un valore totemico. Perciò: guai a te se osi sfiorare la mia giacchetta striminzita, perché è istituzionale, anche quella; io sono lo stregone, tu da bravo selvaggio devi rispettare i tabù del villaggio. E ancora: istituzionale di qua, istituzionale di là, di su e di giù ecc. Non se ne può più. Il sindaco invece non sarebbe istituzionale: sarebbe – dicono loro – un usurpatore.

     Per parte mia, son ben contento di non far parte di questo inferno di pubbliche e infami relazioni, di mistica istituzionale, curnense e piccolo-borghese. Godo di libertà che il sindaco non può permettersi (mi dispiace per lui), sono fermamente intenzionato a continuare a goderne. Non ho difficoltà a professarmi anarchico e – indeterminato in tutto il resto – in una sola cosa determinato, a non morire idiota. Voi istituzionali (giornalisti compresi: anche voi istituzionali, naturalmente) fate quel che volete. Avete il coltello dalla parte del manico, ma vi manca l’intelligenza delle cose.